“Vogliono aprire dei nuovi mini-manicomi!”. Spesso si ha paura anche solo a pronunciarla, quella parola. Manicomi. Rievoca immagini terribili, fortunatamente sfocate. Rievoca grida di sottofondo, rumori sinistri, scene che ormai si vedono solo più nei film. Eppure c’è chi ha il coraggio di dirla ad alta voce, quella parola. Di gridarla, anzi, quasi per scacciarla via. Evocarla sì, ma per scongiurarla. La settimana scorsa, sulle colonne del nostro settimanale, era stato lo psicologo Diego Menchi a fare cenno ai manicomi. Senza però mai nominarli. Questa volta, invece, Ivo Stella quella parola quasi la grida. Con un velo di paura negli occhi. Ivo Stella è di Volpiano e ha un figlio di 35 anni che vive all’interno di un gruppo appartamento a Settimo. Nonostante la malattia mentale, il ragazzo non ha bisogno di un operatore “fisso” che stia con lui. Ha imparato a vivere con un altro ragazzo, sapendo di poter contare su di una persona che li aiuta a fare la spesa, li porta a fare sport, calcetto e pallavolo. A seguito della Dgr30, la delibera che tratta del riordino della rete dei servizi residenziali della psichiatria, il figlio di Ivo potrebbe vedersi privato della propria indipendenza, ma soprattutto della propria dignità. “Vogliono aprire di nuovo dei mini manicomi! – commenta Stella, a metà tra l’indignato e il preoccupato -. Mio figlio in questi sette anni di gruppo appartamento a Settimo è migliorato, è più equilibrato. Vive con un altro ragazzo, si fanno da mangiare, lavora 4 ore in una specie di agriturismo-maneggio, ha cambiato il suo modo di vivere e di vedere la vita. È riuscito a non perdere il contatto con la realtà nonostante la malattia mentale. Ora possiamo parlare di tutto mentre prima le voci che sentiva nella testa non gli permettevano di instaurare una comunicazione con gli altri. Diego Menchi è il suo psicologo e anche lui mi ha detto che sta bene rispetto a com’era prima del gruppo appartamento. Trovarli qualcosa da fare poi è molto importante perché avere un lavoro, per esempio, per la maggior parte dei ragazzi con malattie mentali è curativo oltre che formativo”. Se la delibera dovesse passare, il figlio di Ivo potrebbe doversi spostare in altre strutture, probabilmente fuori dalla cittadina. Lui, invece, vorrebbe poterlo accogliere di nuovo a casa. “Sarebbe molto difficile per lui- spiega-, è un ragazzo di una certa età adesso e dopo sette anni d’indipendenza, in cui ci sono stati notevoli miglioramenti nel suo comportamento, non è facile dirgli di tornarsene a casa o di andare in una struttura con altre 20 persone. Perdere l’equilibrio che ha trovato ora potrebbe essere devastante per lui. Io in quelle strutture lì, in quei minicomi, non lo manderei. Ci deve essere libertà, non si possono “deportare” questi ragazzi al di fuori della loro città. Non può stare a contatto con ragazzi che hanno problematiche peggiori delle sue, rischierebbe di regredire! Abbiamo fatto tanto per reinserirlo nella vita normale, per renderlo autonomo, indipendente”. L’approvazione della Dgr 30 è dura da digerire soprattutto per i genitori dei ragazzi che hanno malattie mentali. Ivo non è l’unico: i gruppi appartamento settimesi sono 15 e ci sono all’interno 43 persone. I genitori, gli operatori, gli psicologi hanno trovato un netto miglioramento nei pazienti che oggi vivono da soli negli alloggi. Per questo motivo Stella si batte dall’inizio contro la Dgr 30, insieme all’associazione +Diritti, affinché non vengano perduti tutti questi anni di progressi in campo psichiatrico e non vengano aperte strutture paragonabili ai manicomi, chiusi con la legge Basaglia nel 1978. “In tutti i posti in cui vado dico sempre che qui è una questione di costi- conclude-. Un ragazzo in un gruppo appartamento costa circa 100/120 euro al giorno per via della spesa, dell’affitto, delle medicine, dell’operatore pagato per andare ad assisterlo. E io dico sempre quanto ci costa uno in galera? Molto di più! E poi costruire e mantenere questi minicomi costa ancora di più che tenerli nei gruppi appartamento. Forse vogliono controllare le cooperative? Non lo so, fatto sta che il gruppo appartamento è una cura che funziona, possono avere finalmente una vita normale! Certo ci sono i casi gravi che difficilmente possono guarire ma il 50% sono persone che possono tornare a condurre una vita normale. E tenerli fuori costa meno che rinchiuderli dentro delle strutture. Quando hanno chiuso i manicomi è stato anche per una questione di costi eccessivi, perché adesso vorrebbero ricrearli?” 0 0 Un gol contro i pregiudizi: ieri alla Rems la partita con la Nazionale dei pazienti Se non erano sani non li volevano 0 Commenti Lascia una rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commentonome Email Sito web Δ Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
“Vogliono aprire dei nuovi mini-manicomi!”. Spesso si ha paura anche solo a pronunciarla, quella parola. Manicomi. Rievoca immagini terribili, fortunatamente sfocate. Rievoca grida di sottofondo, rumori sinistri, scene che ormai si vedono solo più nei film. Eppure c’è chi ha il coraggio di dirla ad alta voce, quella parola. Di gridarla, anzi, quasi per scacciarla via. Evocarla sì, ma per scongiurarla. La settimana scorsa, sulle colonne del nostro settimanale, era stato lo psicologo Diego Menchi a fare cenno ai manicomi. Senza però mai nominarli. Questa volta, invece, Ivo Stella quella parola quasi la grida. Con un velo di paura negli occhi. Ivo Stella è di Volpiano e ha un figlio di 35 anni che vive all’interno di un gruppo appartamento a Settimo. Nonostante la malattia mentale, il ragazzo non ha bisogno di un operatore “fisso” che stia con lui. Ha imparato a vivere con un altro ragazzo, sapendo di poter contare su di una persona che li aiuta a fare la spesa, li porta a fare sport, calcetto e pallavolo. A seguito della Dgr30, la delibera che tratta del riordino della rete dei servizi residenziali della psichiatria, il figlio di Ivo potrebbe vedersi privato della propria indipendenza, ma soprattutto della propria dignità. “Vogliono aprire di nuovo dei mini manicomi! – commenta Stella, a metà tra l’indignato e il preoccupato -. Mio figlio in questi sette anni di gruppo appartamento a Settimo è migliorato, è più equilibrato. Vive con un altro ragazzo, si fanno da mangiare, lavora 4 ore in una specie di agriturismo-maneggio, ha cambiato il suo modo di vivere e di vedere la vita. È riuscito a non perdere il contatto con la realtà nonostante la malattia mentale. Ora possiamo parlare di tutto mentre prima le voci che sentiva nella testa non gli permettevano di instaurare una comunicazione con gli altri. Diego Menchi è il suo psicologo e anche lui mi ha detto che sta bene rispetto a com’era prima del gruppo appartamento. Trovarli qualcosa da fare poi è molto importante perché avere un lavoro, per esempio, per la maggior parte dei ragazzi con malattie mentali è curativo oltre che formativo”. Se la delibera dovesse passare, il figlio di Ivo potrebbe doversi spostare in altre strutture, probabilmente fuori dalla cittadina. Lui, invece, vorrebbe poterlo accogliere di nuovo a casa. “Sarebbe molto difficile per lui- spiega-, è un ragazzo di una certa età adesso e dopo sette anni d’indipendenza, in cui ci sono stati notevoli miglioramenti nel suo comportamento, non è facile dirgli di tornarsene a casa o di andare in una struttura con altre 20 persone. Perdere l’equilibrio che ha trovato ora potrebbe essere devastante per lui. Io in quelle strutture lì, in quei minicomi, non lo manderei. Ci deve essere libertà, non si possono “deportare” questi ragazzi al di fuori della loro città. Non può stare a contatto con ragazzi che hanno problematiche peggiori delle sue, rischierebbe di regredire! Abbiamo fatto tanto per reinserirlo nella vita normale, per renderlo autonomo, indipendente”. L’approvazione della Dgr 30 è dura da digerire soprattutto per i genitori dei ragazzi che hanno malattie mentali. Ivo non è l’unico: i gruppi appartamento settimesi sono 15 e ci sono all’interno 43 persone. I genitori, gli operatori, gli psicologi hanno trovato un netto miglioramento nei pazienti che oggi vivono da soli negli alloggi. Per questo motivo Stella si batte dall’inizio contro la Dgr 30, insieme all’associazione +Diritti, affinché non vengano perduti tutti questi anni di progressi in campo psichiatrico e non vengano aperte strutture paragonabili ai manicomi, chiusi con la legge Basaglia nel 1978. “In tutti i posti in cui vado dico sempre che qui è una questione di costi- conclude-. Un ragazzo in un gruppo appartamento costa circa 100/120 euro al giorno per via della spesa, dell’affitto, delle medicine, dell’operatore pagato per andare ad assisterlo. E io dico sempre quanto ci costa uno in galera? Molto di più! E poi costruire e mantenere questi minicomi costa ancora di più che tenerli nei gruppi appartamento. Forse vogliono controllare le cooperative? Non lo so, fatto sta che il gruppo appartamento è una cura che funziona, possono avere finalmente una vita normale! Certo ci sono i casi gravi che difficilmente possono guarire ma il 50% sono persone che possono tornare a condurre una vita normale. E tenerli fuori costa meno che rinchiuderli dentro delle strutture. Quando hanno chiuso i manicomi è stato anche per una questione di costi eccessivi, perché adesso vorrebbero ricrearli?”