Con il numero dei posti letto più basso dei Paesi Ocse, una frequenza di trattamenti obbligatori che è anche 20-30 volte inferiore a quella di molti Paesi anglosassoni o scandinavi, l’Italia ha mostrato da lungo tempo che è possibile fare a meno degli Ospedali psichiatrici (più recentemente anche degli Ospedali psichiatrici giudiziari) ponendo fine ai trattamenti inumani e degradanti che in quei luoghi si perpetravano. E’ possibile, cioè, affrontare i disturbi psichiatrici sul territorio, nei luoghi di vita, attraverso una rete capillare di servizi di Salute mentale di comunità, attraverso una capacità di contatto per oltre 2 mila persone ogni 100 mila abitanti in età adulta e di presa in carico per almeno la metà di esse, evitando contestualmente l’istituzionalizzazione della sofferenza. Inoltre, con l’azione combinata e coordinata d’interventi sanitari e sociali, con la reale intersettorialità della Salute mentale nelle politiche dell’istruzione, del lavoro, della casa, dell’inclusione comunitaria, l’Italia ha dato corpo e sostanza ai principi di cittadinanza e di non discriminazione invocati dalle Carte fondamentali Italiana, Europea, delle Nazioni Unite.
Occorre dare atto, naturalmente, delle significative differenze inter-regionali. Tuttavia le criticità, laddove si manifestano, non riguardano in modo specifico ed esclusivo la salute mentale ma impattano, seppur con modalità ed intensità diversa, su tutti i settori della Sanità essendo esse stesse il sintomo di una più generale sofferenza dei sistemi di welfare. Ciononostante, questo Sistema di Cura e inclusione sociale costituisce un vero e proprio laboratorio di comunità a cielo aperto cui Organismi internazionali e altri Paesi guardano come modello per orientare ed implementare azioni riformatrici locali.
Purtroppo oggi tutto questo viene messo in seria discussione
Proprio quando la sanità si avvia con maggior decisione sulla strada della de-ospedalizzazione, della prossimità territoriale delle cure, della domiciliarità degli interventi, il settore della salute mentale – che più di altri ha tradotto questi principi in pratica quotidiana negli ultimi 35 anni – viene messo in crisi dall’annuncio di tagli lineari e generalizzati. Non si è spenta l’eco del DL 78/2015 sugli Enti locali e del taglio di 2 mld e 350 milioni alla sanità per il 2015, che giungono infatti le parole del presidente del Consiglio che ha fissato l’asticella del fondo sanitario 2016 a 111 miliardi, quindi circa 2 miliardi in meno rispetto agli stanziamenti previsti dallo stesso decreto Enti Locali di solo due mesi fa. Le conseguenze di un’applicazione indiscriminata di queste scelte sul settore già gravemente sottofinanziato della Salute mentale, potrebbero essere devastanti. Le parole d’ordine per il raggiungimento dell’obiettivo di risparmio sono “lotta agli sprechi” attraverso recupero di “appropriatezza” e “riduzione della spesa per beni e servizi”. Vediamo come potranno essere declinate in Salute mentale.