Sono usciti ieri dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto gli ultimi due internati, per essere ricoverati nella Rems di Barete (AQ), che in via eccezionale e provvisoria ha accolto persone da fuori regione proprio per far chiudere l’ultimo dei sei Opg italiani. Finisce così finalmente la storia dell’estremo baluardo del manicomio, rimasto aperto anche dopo la riforma Basaglia. Ma non finisce la nostra battaglia: ora dobbiamo fare in modo che l’alternativa alla logica manicomiale dell’Opg non si riduca alle sole Rems (Residenze per le Misure di Sicurezza), strutture sanitarie certamente migliori ma pur sempre detentive. La vera sfida, come prescrive la riforma, la legge 81/2014, è offrire percorsi di cura e riabilitazione con misure alternative alla detenzione. Perché ciò sia possibile bisogna dare forza ai servizi di salute mentale nel territorio e al welfare locale. E sostenere una collaborazione fra Magistratura, Regione, Asl e Dipartimenti di Salute Mentale (Dsm). Nel frattempo bisogna rendere le Rems soluzioni di passaggio, attraversabili, aperte, parte integrante delle comunità. E soprattutto non devono riprodurre, come ci è capitato a volte di vedere, visitandole, caratteristiche così marcatamente custodiali da farle sembrare dei “miniOpg”. O peggio, come nel caso di Castiglione delle Stiviere, restare Opg. Ci incoraggia però aver incontrato in queste strutture tanti operatori seri e motivati. Per questo abbiamo deciso di sostenere la costruzione, dal basso, di un coordinamento nazionale Rems e il primo atto sarà il 18 maggio prossimo a Bologna.
Intanto, a pochi giorni dalla chiusura degli Opg, siamo stati costretti ad aprire una nuova mobilitazione. Un comma del Disegno di Legge “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, approvato al Senato e ora in discussione alla Camera, ripristina le vecchie norme, disponendo il ricovero nelle Rems anche di detenuti, come accadeva nei manicomi giudiziari. Se non si pone rimedio, le Rems rischiano di diventare a tutti gli effetti i nuovi Opg. Sarebbe smentita non solo la riforma che ha chiuso gli Opg, la legge 81, ma anche il lavoro degli operatori che ha portato in pochi mesi a dimettere dalle Rems più di cinquecento persone. Se il problema che si vuol risolvere con l’emendamento è garantire l’assistenza sanitaria ai detenuti, troppo spesso impedita dalle drammatiche condizioni delle carceri, la soluzione è ben altra. Occorre che il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria istituisca le sezioni di osservazione psichiatrica e le previste articolazioni psichiatriche nelle carceri stesse (con strutture e personale adeguato e formato), riqualificando i programmi di tutela della salute mentale. Ma soprattutto servono misure alternative alla detenzione. Così invece le Rems diventerebbero il contenitore unico per i “folli rei e per i rei folli”, riproducendo all’nfinito la logica manicomiale. Ora la responsabilità è affidata alla Commissione Giustizia e poi all’Aula di Montecitorio e al ministro Orlando.
Per cancellare una norma così distruttiva, stopOpg ha lanciato un digiuno a staffetta, proprio durante la discussione del Disegno di Legge alla Camera. Alla staffetta (vedi www.stopopg.it), avviata dall’ex Commissario per il superamento degli OPG Franco Corleone, partecipano in primo luogo i rappresentanti di stopOpg, tra cui don Luigi Ciotti, ma anche operatori della salute e della giustizia, associazioni di utenti e familiari. Un piccolo atto per una grande impresa: garantire dignità e piena cittadinanza a tutte le persone, senza discriminazioni, come vuole la nostra Costituzione.