A Torino il Comune e l’Asl si preparano a firmare un nuovo protocollo d’intesa sul Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), nella speranza di stabilire regole che evitino il ripetersi di tragedie. Ma anche a livello nazionale si sta cercando di superare le procedure attuali. I Radicali italiani hanno presentato la scorsa settimana una «legge Mastrogiovanni» per riformare il Tso. Prende il nome da Franco Mastrogiovanni, maestro elementare che nel 2009 perse la vita dopo 87 ore di ininterrotta contenzione nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania, dove era stato ricoverato sulla base di un Tso.
La proposta di riforma prevede tra l’altro, lo stop alla contenzione meccanica, l’introduzione di una difesa tecnica e quindi di diritto di informazione e ricorso a beneficio di chi è sottoposto a Tso, la garanzia del diritto di visita all’interno dei reparti psichiatrici di poter comunicare con l’esterno, il limite al numero di rinnovi del tso, oggi non previsto dalla legge, e la segnalazione di ogni rinnovo al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
«Meccanismi di garanzia irrinunciabili in uno Stato di Diritto», li definisce Michele Capano, tesoriere di Radicali Italiani. «A 39 anni dalla legge Basaglia nella sua applicazione concreta ha perpetuato una concezione manicomiale del trattamento psichiatrico. Siamo di fronte a ’un’emergenza culturale’».
Anche l’Unione camere penali italiane ha dato il proprio sostegno all’iniziativa di riforma. Il segretario Franco Petrelli ha osservato che si assiste a «una straordinaria dissociazione culturale della normativa: chi si presuppone abbia commesso reato è tutelato dalle garanzie previste dall’art. 13 della Costituzione, per chi è vittima di eventuali patologie invece questo articolo si spegne e si assiste a una reificazione del corpo del malato mentale».
Poco si sa del Tso. Nella sua prima relazione al parlamento il Garante dei Detenuti ha denunciato la mancanza di statistiche specifiche sull’applicazione del Trattamento. Gli unici dati disponibili si riferiscono alle dimissioni e descrivono un fenomeno enorme: quasi 11mila solo nel 2015. «Si tratta di 30 al giorno», sottolinea il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi, «Bisogna sottrarre questo tema allo scontro tra avvocati e psichiatri: le maggiori garanzie previste da questa riforma non pregiudicano l’efficacia della cura, a comprometterla sono invece gli automatismi burocratici e spersonalizzanti che ledono anche il lavoro dei medici. L’obiettivo fondamentale è aprire il dibattito nel paese su una questione trascurata da politica e media e la strada potrebbe essere una legge d’iniziativa popolare. Lo stiamo valutando», conclude Magi.