I recenti fatti di cronaca non possono non far riflettere sulla contenzione e la violenza contro i deboli e i diversi nella nostra società. Anche Il Manifesto Sardo analizza questo fenomeno in crescita per crudeltà e numeri.
“La violenza che abbiamo visto grazie alle immagini dalle telecamerenascoste dalle forze dell’ordine è presente in tutte le istituzioni totali in cui sono rinchiuse le persone anziane, le persone disabili, le persone tossicodipendenti, le persone che stanno nei centri di identificazione e di espulsione. Dalle REMS (i luoghi che hanno sostituito i vecchi OPG), ai reparti psichiatrici delle carceri, fino ad arrivare ai servizi psichiatrici di diagnosi e di cura la violenza delle porte chiuse e della contenzione è pratica comune. La contenzione meccanica consiste nell’imprigionare gli arti della persona al fine di limitarne i movimenti, e la modalità più comune è quella di legare con delle fascette polsi e caviglie ai quattro angoli dal letto, la contenzione, come affermato da Valentina Calderone dell’associazione A Buon Diritto, è la moderna crocifissione.
Le persone non hanno solo il diritto di conoscere i video delle telecamere nascoste. Le persone hanno il diritto di conoscere e di essere informate su cosa può accadere quando si entra in una situazione di fragilità e sofferenza, quando una persona è indebolita nelle sue relazioni sociali, nella sua autonomia, quando vive un’esperienza di sofferenza. Condivido il pensiero della presidente della Conferenza Basaglia, la conferenza permanente per la salute mentale nel mondo Giovanna De Giudice, quando afferma che: “I cittadini e le cittadine devono sapere che le persone quanto più avrebbero bisogno di accoglienza, vicinanza e di ascolto, rischiano un trattamento inumano e degradante quale quello della contenzione. C’è bisogno di informare perché tutte le persone sappiano che questa non è una condizione eccezionale ma può succedere a ciascuno di noi. Perché invecchiamo, perché siamo in una situazione di crisi e di sofferenza, perché possiamo arrivare in una istituzione per disabili”.
In Italia ci sono 750 mila persone che vivono nelle case di riposo e nelle RSA, le residenze sanitarie assistenziali. Le ricerche più aggiornate ci dicono che il 40 % di queste persone, i nostri nonni, sono vittime della pratica della contenzione e passano i loro giorni a guardare una finestra che forse non si aprirà mai. 85 mila persone, giovani con sofferenza mentale, sotto i 65 anni, vivono dentro una struttura protetta in cui, nella quasi totalità, si fa contenzione. 25 mila disabili gravi vivono dentro le strutture protette e una parte di queste pratica la contenzione. I bambini, i minori, soprattutto quelli con gravi disabilità, se finiscono nelle finte case famiglia o nelle piccole strutture protette sono molto spesso legati.
La nostra società può fare a meno di questi trattamenti inumani e di questi luoghi di segregazione. Sono tanti i luoghi in cui le persone fragili e con sofferenza vengono incontrate, accolte e accompagnate nel loro percorso di cura senza l’utilizzo di pratiche coercitive e violente. E sono tanti gli uomini e le donne che lavorano nella salute, in grado di opporsi e disubbidire, mantenendo competenza ed etica.”