
Le persone ospiti delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) sono soggetti giudicati affetti da grave disturbo mentale e anche socialmente pericolosi e perciò privati della libertà personale su provvedimento provvisorio o definitivo dell’Autorità Giudiziaria. Con il Dpcm del 1.4.2008, la L.9/2012 e la L. 81/2014 si è articolato il processo legislativo relativo alla chiusura degli Opg. Il processo è stato improntato ad una esigenza politica di rapidità ed è stato attuato con un mancato coordinamento di norme. Si sono così creati dei vuoti legislativi che nessuna norma sussidiaria, in quanto di rango inferiore, può colmare. Alcuni di questi vuoti legislativi, come al solito, espongono i medici e gli operatori sanitari a rischi professionali, oltre a lasciare gli internati in una condizione comunicativa difficile.
Non è stata identificata una figura preposta a notificare gli atti giudiziari agli internati delle Rems. Allo stato delle norme le Rems sono organi esclusivamente sanitari. In quanto organi esclusivamente sanitari si è generato un vuoto relativo alla identificazione della figura preposta a notificare gli atti giudiziari agli internati delle Rems, nonché ad inviare al magistrato le istanze, richieste ed impugnazioni, che l’ospite ha il diritto di poter presentare al Giudice.
Secondo il Codice di Procedura Penale, infatti, le notifiche possono essere espletate solo ed esclusivamente dagli Ufficiali Giudiziari, figura complessa prevista dal 148 Ccp e che, comunque, non include in alcun modo i medici, anche se dipendenti statali, infermieri, Ota o amministrativi del Ssn.
Prima del Dpcm 1.4.2008 il Direttore dell’Ospedale psichiatrico giudiziario era un Dipendente del Ministero di Giustizia e sussumeva nella sua persona sia il ruolo di Direttore sanitario che quello di Direttore amministrativo e perciò, conseguentemente, aveva facoltà sia di ricevere gli atti degli internati per le comunicazioni formali verso l’esterno sia di notificare agli internati i provvedimenti della Magistratura. Successivamente al Dpcm del 1.4.2008, nella fase di transizione, le due figure sono state scisse, venendosi a creare negli Opg un Direttore sanitario, dipendente dal Ministero della Sanità e un Direttore amministrativo, dipendente dal Ministero di Giustizia. In questa situazione non vi erano, almeno formalmente, difficoltà a notificare e ricevere atti nell’interesse dell’internato. Le Rems, tuttavia, sono esclusivamente sanitarie, e non hanno personale del Ministero di Giustizia presso di loro, né il loro personale ha una esplicita delega di funzione da parte di qualche norma. Né una possibile indicazione della Conferenza Stato Regioni potrebbe ritenersi vincolante su un punto nodale della procedura penale, considerato che la Conferenza Stato regioni è una soft-law interna che non può superare in alcun modo il Cpp.
Ne deriva che il personale sanitario delle Rems non ha alcun potere effettivo sia per poter effettuare notifiche agli internati, sia per poter ricevere comunicazioni da parte degli internati da trasmettere alla Magistratura. Non ricevere una notifica può avere conseguenze importanti: per esempio possono decorrere i termini per un ricorso in appello o contro una prosecuzione della misura di sicurezza. Ricevere le notifiche nella forma prevista dal Cpp è perciò necessario per mantenere la legalità. E il Cpp certamente esclude che il personale sanitario possa effettuare le notifiche.
Si pone perciò il problema di come notificare, o trasmettere, gli atti relativi agli ospiti delle Rems, il che è un diritto fondamentale di queste persone. Anche se deputate ad ospitare persone prive della liberta, le Rems non sono carceri o manicomi criminali, ma non sono ospedali. Si pensi, per esempio, alla persona ospedalizzata che deve ricevere una notifica. Non la riceverà mai dal primario del reparto dove è ricoverata, ma dall’Ufficiale Giudiziario. Le Rems esistono in uno spazio intermedio tra il diritto alla salute e la difesa sociale.
Gli operatori sanitari delle Rems sono perciò esposti a un duplice rischio.Se la cancelleria di un giudice trasmette un provvedimento, p.e. per posta elettronica certificata, alla Rems e gli operatori sanitari non lo notificano all’internato si potrebbe configurare il reato di omissione di atti di ufficio. Tuttavia, se anche gli operatori sanitari informano l’internato del provvedimento inoltrato dalla cancelleria, ciò non ha valore di notifica, poiché, come detto, gli operatori sanitari non sono previsti dal Cpp come ufficiali giudiziari, e perciò la notifica potrebbe non avere effetto (con tutto quello che ne deriva). Parimenti, se l’internato vuole depositare alla cancelleria una istanza, gli operatori sanitari delle Rems non dispongono neanche dei registi di protocollo previsti dall’art. 123 Cpp 1 comma Cpp. Accettando una istanza da parte di un ospite si potrebbe configurare, invece, un abuso di potere da parte del personale della Rems.
Infine, se per caso la notifica fosse correttamente espletata da un ufficiale giudiziario nella Rems, ma l’internato la rifiutasse, si porrebbe un ulteriore problema, poiché l’art. 156 Cpp vuole che in questi casi la copia sia consegnata al direttore dell’istituto penitenziario, ovvero sempre ad un funzionario del Ministero di Giustizia (e non della Sanità) e devono anche esistere dei specifici registri autorizzati solo ed esclusivamente dal Ministero della Giustizia. Chi prende l’atto in questo caso?
L’art. 148 Cpp prevede che in certi casi la Polizia Penitenziaria possa effettuare le notifiche. Tuttavia, anche qui, una delle conquiste di questa avanzata e ben pensata legislazione è stata la completa scomparsa di personale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria dalle Rems.
Questo ragionamento che, si comprende, può apparire bizantino alla maggior parte delle persone in ambito sanitario, è invece molto rilevante per i giuristi, tanto è vero che la Cassazione si è espressa sul problema in una molteplicità di occasioni (sebbene mai sulle notifiche nelle Rems).
In questa situazione di vuoto normativo, si ha già notizia di un medico indagato per la problematica sopra esposta. Non sappiamo quale sarà l’esito del procedimento, si spera che il collega ne esca rapidamente. Tuttavia, proprio il fatto che si sia voluto privilegiare ad ogni costo l’aspetto ideologico su quello pratico, ha creato una molteplicità di problemi sia clinici sia procedurale nell’ambito della gestione dei pazienti psichiatrici giudicati infermi di mente e socialmente pericolosi. La situazione è critica sotto il profilo della responsabilità professionale dei medici (e anche dei Magistrati dopo la legge sulla loro responsabilità civile). Come sempre in Italia la fantasia ideologica (e gli interessi elettorali) hanno vinto sul senso pratico. Questa riforma, a parere dello scrivente, presupponeva una modifica del Codice Penale rispetto al problema delle misure di sicurezza per i pazienti psichiatrici e una seria riflessione non improntata alla fretta. Dal momento che non vi era (e probabilmente non vi è) la forza politica per modificare il Codice Penale si è deciso di attuare una “mezza riforma” scaricando, come al solito, possibili complicazioni sul personale sanitario.