Proiezione de “Le stanze aperte” all’Università Orientale di Napoli

Giovedì 9 aprile alle ore 16.30 al Palazzo del Mediterraneo, sede dell’Università Orientale di Napoli sarà proiettato Le Stanze Aperte di Francesco Giordano, il documentario nato da un laboratorio di scrittura e recitazione che coinvolgeva proprio gli internati dell’Ospedale Giudiziario di Secondigliano. Si tratta di un docufilm che mette insieme 

diverse testimonianze, racconti di vita vissuta, di emozioni e soprusi che dovevano trovare un veicolo per farsi ascoltare. “Le stanze aperte” – titolo suggerito da un internato – è girato con una tecnica documentaristica ma è un’opera comunque di finzione, pur nei suoi spunti “realistici”. Questo permette di preservare l’anonimato generando comunque forte empatia e senso civile nello spettatore.

La trama si svolge su più livelli narrativi, come apprendiamo dalle parole di Maurizio Giordano: “la storia dell’internato chiamato “maestro”, interpretato dall’unico attore professionista, Vincenzo Merolla; la narrazione spontanea, costituita da frammenti in cui si incontrano i detenuti, e accennano alle loro vicende personali e, infine, la parte che possiamo definire documentaristica, nella quale un’operatrice si presenta nell’Istituto di detenzione chiedendo di fare un servizio giornalistico”. L’operatrice in questione è una documentarista a cui gli internati e detenuti raccontano “in presa diretta” le loro esperienze personali.

Tra le varie vicende, conquista spazio quella del protagonista Vincenzo Arte, detto “il maestro”, interpretato dall’unico attore professionista, Vincenzo Merolla: un personaggio emblematico nella sua particolare vivacità creativa e artistica contrapposta alla nostalgia del mondo vissuta nel rifiuto del mondo stesso di re-integrarlo (in primis la famiglia) e nel successivo ritorno a casa. Emblematico perché tutto il film è la rappresentazione di un viaggio interiore di questi uomini “abbandonati” a se stessi, allontanati dal circuito mondano quotidiano, e che trovano proprio nella “mente” la dimora per vivificare la propria esperienza, uno spazio di aperture e libertà che si chiude, invece, al mondo: “la vita vera sta qua” dice Vincenzo indicandosi le tempie.

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