Su Vanity Fair l’intervista a Tilde Arcaleni, madre adottiva di Stefano, che per sette anni è stato detenuto nell’Ospedale Psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia.
«Quando hanno portato via mio figlio non sapevo nemmeno che cosa fosse di preciso un Opg. Non ne avevo mai sentito parlare. Oggi può far ridere, ma pensavo che fosse una specie di collegio, una clinica, pensavo che una volta fuori di lì, me lo avrebbero restituito in salute, fisica e mentale. Aggiustato, per così dire. Pensavo che lì dentro mio figlio sarebbe stato bene, e che si sarebbero presi cura di lui. Pensavo che una volta fuori avrebbe potuto avere una vita normale, trovarsi un lavoro, una famiglia. Che ingenua che ero…».
A parlare così è Tilde Arcaleni, madre adottiva di Stefano che per sette anni è stato detenuto nell’ Ospedale Psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, oggi, come gli altri OPG, in via di smantellamento.
Oggi suo figlio Stefano ha cinquant’anni e sta abbastanza bene, ma con la malattia mentale combatte da quando era bambino: a volte vince, altre pareggia, spesso ha perso. «Quando lo abbiamo preso sapevamo che aveva dei problemi mentali seri. Ma non ci siamo fatti spaventare, né lo abbiamo rispedito indietro come avevano fatto altri prima di noi. Siamo andati avanti cercando di seguirlo senza mollare mai la presa, senza lasciarlo solo un secondo. Non è stato semplice: man mano che cresceva le difficoltà si sono fatte sempre più grandi, a scuola, con i compagni, con le insegnati. Faceva fatica a seguire. Mi sono fatta eleggere rappresentate di classe per essergli più vicina, per essere più presente. Solo in seguito abbiamo scoperto che aveva un’insufficienza che gli impediva di comprendere come gli altri: per lui è stata una fatica enorme e lo è stata anche per noi». Un’adolescenza le cui difficoltà non si sono placate con gli anni, come capita a tutti gli altri. «Verso i 17, 18 anni le cose sono peggiorate. Era grande, scappava, spariva per giorni. Noi non riuscivamo più a tenerlo. Le sue fughe erano continue. Una volta fu arrestato. Non è mai stato violento contro le persone, però contro le cose sì. I suoi erano piccoli reati contro il patrimonio, spaccava le cose degli altri, le prendeva, rubava le biciclette. Con queste accuse, che in un carcere normale gli sarebbero costate pochi mesi di detenzione, fu dichiarato incapace di intendere e di volere e chiuso in un ospedale psichiatrico giudiziario per sette anni».
L’intervista completa a questo link.