Visti gli ultimi recenti casi di cronaca, l’Internazionale pubblica una riflessione di Peppe Dell’Acqua sugli ultimi fatti legati alle pratiche di tso.
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Per cominciare: il tso non è un mandato di cattura.
Il legislatore nel 1978 con la legge 180 intese restituire al cittadino, anche se folle, delirante, allucinato, agitato, “aggressivo”, confuso, violento, impaurito, terrorizzato il suo pieno diritto costituzionale.
Il tso è pensato come strumento per accrescere il diritto di chi si trova infragilito e in difficoltà, per garantire il diritto alla cura, alla salute, alla dignità: dopo due secoli di prepotenza oppressiva dello stato e della psichiatria della legge del 1904, finalmente siamo costretti a pensare a un incontro che deve tendere alla parità tra lo stato, le articolazioni dei servizi e delle istituzioni e il cittadino “malato di mente”.
Il tso e la cura psichiatrica da questo momento non possono essere più intese come sospensione del diritto e legittimazione della prepotenza delle istituzioni, delle psichiatrie, degli psichiatri. Il pressante invito a negoziare si legge in ogni passaggio della legge 180 a cominciare dal titolo: “Norme per l’attuazione del trattamento sanitario volontario e obbligatorio”.
L’aggettivo “obbligatorio” prima di tutto dice che l’altro esiste. Posso “obbligare” qualcuno con un’ordinanza, una norma, una legge quando ho riconosciuto la sua autonomia e la sua possibilità di rifiuto. La parola testimonia la tensione alla negoziazione. Obbligare qualcuno a qualcosa ha a che vedere anche con una assunzione di responsabilità: un sentirsi obbligato nei confronti dell’altro che sto obbligando, limitando la sua libertà, invadendo il suo spazio intimo e personale.
“Obbligatorio”, in questa lettura che io credo più propria, va riferito proprio ai servizi, alle istituzioni, agli operatori della salute e della salute mentale. Sono questi che hanno l’obbligo di garantire quella cura, quella salute, quella dignità che la costituzione (articolo 32) e lo stato riconoscono e che la condizione di malattia mette così drammaticamente a rischio.
Nelle (cattive) pratiche delle psichiatrie correnti e dominanti, la scomparsa ormai evidente della persona sofferente, del soggetto, del cittadino ha cancellato di fatto la legge 180.”
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