Debutto ieri sera a Roma, presso il teatro San Luigi Guanella, per il monologo di Gabriella La Rovere “Alice. Una donna sconvolta”, diretto da Pier Luigi Nicoletti. La protagonista, Gina, si introduce agli spettatori così: “Ho 60 anni e 18 Tso, trattamenti sanitari obbligatori. Lo so, non è un modo carino per presentarmi”: ma è quello di cui parlerà per tutto il monologo: l’esperienza della malattia mentale e il contesto in cui questa viene confinata. “Alice” è un monologo che racconta di “una vita totalmente sconvolta dal primo ricovero in psichiatria al quale si sono aggiunti gli altri, il più delle volte non necessari – spiega l’autrice – Non lo sai, ma il tuo primo ricovero ti segna a vita e tutto quello che eri prima viene cancellato e sei solo una povera pazza senza possibilità di riammissione nel mondo dei normali”. Il monologo è una denuncia, “che oscilla tra realtà e delirio, nei confronti di una psichiatria che ha dimenticato di ricercare le cause del disagio a supporto della terapia farmacologica. Persi nella velocità di una società 2.0, si è cancellato il senso di umanità e ogni atto che non rientra in canoni standard viene condannato”. 0 0 tarace (Siep): “Finanziamenti insufficienti in 18 regioni su 20. Le Regioni rispettino gli impegni da loro stesse definiti” Donne e psichiatria con Assunta Signorelli 0 Commenti Lascia una rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commentonome Email Sito web Δ Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Debutto ieri sera a Roma, presso il teatro San Luigi Guanella, per il monologo di Gabriella La Rovere “Alice. Una donna sconvolta”, diretto da Pier Luigi Nicoletti. La protagonista, Gina, si introduce agli spettatori così: “Ho 60 anni e 18 Tso, trattamenti sanitari obbligatori. Lo so, non è un modo carino per presentarmi”: ma è quello di cui parlerà per tutto il monologo: l’esperienza della malattia mentale e il contesto in cui questa viene confinata. “Alice” è un monologo che racconta di “una vita totalmente sconvolta dal primo ricovero in psichiatria al quale si sono aggiunti gli altri, il più delle volte non necessari – spiega l’autrice – Non lo sai, ma il tuo primo ricovero ti segna a vita e tutto quello che eri prima viene cancellato e sei solo una povera pazza senza possibilità di riammissione nel mondo dei normali”. Il monologo è una denuncia, “che oscilla tra realtà e delirio, nei confronti di una psichiatria che ha dimenticato di ricercare le cause del disagio a supporto della terapia farmacologica. Persi nella velocità di una società 2.0, si è cancellato il senso di umanità e ogni atto che non rientra in canoni standard viene condannato”.