Francesco Maisto, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, interviene sulla chiusura degli Opg, analizzando questioni teoriche e pratiche inerenti al processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Con un occhio rivolto ai giudici, di cognizione e di sorveglianza – ai quali vengono indirizzati preziosi suggerimenti tecnici – e con un obiettivo fondamentale: salvare il cuore della riforma
“I problemi lasciati sul tappeto dalle norme sul definitivo superamento degli OPG sono molteplici. Uno dei più rilevanti riguarda la tipologia e le caratteristiche delle nuove strutture previste dall’art. 3-ter della legge 81/2014, le c.d. REMS: strutture che devono essere connotate da esclusiva gestione sanitaria all’interno, da attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna – ove necessario in relazione alle condizioni dei soggetti interessati – e, infine, dalla fruizione da parte di soggetti provenienti di norma dal territorio regionale di ubicazione delle medesime.
Pur in presenza di questi requisiti di massima, permangono dubbi ed incertezze sulla concreta fisionomia delle nuove strutture in questione, con particolare riferimento a quelle c.d. “miste”, vale a dire con vigilanza esterna: quante e come saranno? Saranno ospitate in strutture civili o in penitenziari? Ancora: critiche serrate sono state avanzate dalla psichiatria più attenta – Psichiatria democratica, ad esempio – sulla possibilità che la gestione delle REMS possa essere affidata a privati, con il rischio di creare il precedente di strutture detentive, sia pure sui generis, gestite da soggetti diversi dalle istituzioni pubbliche. Più in generale, poi, si è inteso porre attenzione critica sulla stessa configurazione delle nuove strutture, al fine di evitare che assumano la veste di mini-OPG, con riproduzione dei vizi e delle storture degli attuali OPG e con il rischio di una deriva neo-manicomiale.
Si tratta, certamente, di critiche non peregrine e non immotivate, che vanno tenute presenti nel tempo che ancora rimane per completare il percorso riformatore. Percorso che deve essere salvaguardato e portato a termine con un’adeguata formazione secondaria. Questa legge, infatti, ha “un valore storico di grande portata”, ha “dei chiari elementi innovativi, senza peraltro rompere bruscamente con la realtà attuale” ed è il frutto di “un’impostazione pragmatica e realistica”.
Proprio in quest’ottica di salvaguardia, in Emilia-Romagna si è deciso, già a partire dal DPCM 1° aprile 2008, di affrontare i problemi concreti e di avviare una serie di azioni per il superamento dell’OPG.
Tra le varie azioni si colloca la formazione del Gruppo di lavoro sull’esecuzione delle misure di sicurezza per persone prosciolte e riconosciute socialmente pericolose di cui all’Allegato C del DPCM 1 aprile 2008. Tale gruppo, al quale hanno sempre partecipato i magistrati di sorveglianza, aveva tra le proprie finalità quelle di:
– favorire le dimissioni dall’OPG con la revoca, anche anticipata, della misura di sicurezza attraverso la progettazione di programmi riabilitativi, in tempi e modi atti a garantire l’individuazione di un percorso che assicuri il massimo livello di integrazione tra la qualità di vita del paziente e le esigenze di difesa sociale, riducendo il ricorso alla proroga della misura di sicurezza;
– favorire il confronto con la magistratura di sorveglianza per lo studio delle misure di sicurezza dall’inizio alla fine del percorso giudiziario, esecuzione in OPG, esecuzione in Comunità e in libertà vigilata, facilitando la comunicazione e collaborazione delle istituzioni coinvolte, per quanto di rispettiva competenza, favorendo l’omogeneità territoriale dell’esecuzione delle misure di sicurezza e le dimissioni degli internati.”