La salute mentale è una questione di competenze, professionalità e saperi che non s’improvvisano ma che devono muoversi nel riconoscimento dell’esperienza e delle competenze delle persone con sofferenza psichica, come base essenziale per la pianificazione e lo sviluppo dei servizi sul territorio. E’ questo il messaggio che il neonato Comitato per la salute mentale in Calabria – costituito da Associazione AVE-AMA, Catanzaro, Associazione Comunità Progetto Sud, Lamezia Terme; Associazione Don Pellicanò, Isca sullo Ionio; Associazione familiari amici sofferenti psichici (AFASP), Calabria; Associazione Intese, Lamezia Terme; Associazione Usabile, Catanzaro; CGIL Calabria; CNCA Calabria; Federsolidarietà Calabria; Consorzio Coop. Sociali Jobel, Crotone; Consorzio Sociale GOEL, Gioiosa Ionica; Coop. Sociale Rossano Solidale, Rossano; Coop. Sociale Strade di Casa, Cosenza; FISH Calabria; Fondazione Città Solidale, Catanzaro; Legacoop Calabria – ha lanciato ieri in occasione di un incontro dibattito, tenutosi presso la Biblioteca De Nobii, con la nota psichiatra Assunta Signorelli che ha rappresentato anche l’occasione per presentare le finalità dell’organismo mirate a rappresentare le esigenze delle persone con sofferenza psichica e dei loro familiari costruendo le basi per la piena integrazione sociale, a partire da una riorganizzazione del servizio sanitario regionale.
Una rete dei servizi che, secondo il comitato, dovrebbe incentrarsi sul ruolo del Centro di Salute Mentale (CSM), come luogo sul quale si fonda e dal quale si diparte l’assistenza psichiatrica territoriale, e del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), che, pur essendo collocato in ambito ospedaliero, resta la sede dove affrontare i mometi di crisi. A questi si aggiunge l’importante contributo delle Strutture Residenziali come luoghi della riabilitazione vera, con percorsi terapeutici a termine, concordati con il CSM e sottoposti a verifiche periodiche. Un complesso di servizi e prestazioni, spesso di carattere non solo sanitario ma anche sociale, che deve trovare un riferimento sicuro ed autorevole nel Dipartimento di Salute Mentale (DSM) la cui “anima” sia fondata sulla relazione terapeutica.
E’ proprio sul contatto diretto con il paziente, finalizzato all’ascolto e al riconoscimento della sua umanità, che si basa la possibilità di superare il concetto di patologia come categoria atta ad erigere un confine tra la “normalità” e la “malattia”. Attraverso gli spunti di riflessione lanciati dalla psichiatra Piera Stilo e dalla scrittrice Francesca Viscone, affiancate al tavolo da Anna Cristallo e dal moderatore Sergio Dragone, il dibattito ha visto affrontare la tematica delle salute mentale attraverso il punto di vista, raccontato nel libro “Praticare la differenza”, di Assunta Signorelli, una delle principali protagoniste dell’esperienza di Franco Basaglia che ha partecipato alla chiusura del manicomio e alla costruzione della rete dei servizi territoriali di Trieste approdando anche in Calabria per la breve e tanto discussa esperienza alla direzione dell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello. “La Calabria per tanto tempo ha rappresentato il nuovo che avanza – ha detto – suggerendo nuovi modelli operativi che hanno fatto scuola. All’Asp di Paola c’era la volontà di cambiare la salute mentale, ma lo sgombero dell’istituto voluto dalla giunta regionale ha vanificato il buon lavoro fatto, con tanto di 350 cartelle cliniche da me ancora custodite, costringendo al trasferimento nelle varie Rsa dei pazienti senza aver costruito al contempo valide alternative per la loro riabilitazione”.
Per la Signorelli la psichiatria ha, in un certo modo, palesato il proprio fallimento laddove ha iniziato a stringere una forte relazione con il potere: “La psichiatria non può essere considerata una vera scienza – ha aggiunto – se spesso le diagnosi sulla stessa persona variano in pochissimo tempo a seconda delle necessità legate ai posti letto. Una cosa può essere vera, ma anche l’esatto contrario. Siamo davanti, allora, al tentativo ancora non riuscito di comprendere da dove si origina la sofferenza, ma non possiamo ritenerci estranei alle regole del mondo capitalistico”. La soluzione per il miglioramento dei servizi è quindi legata ad una presa in cura intesa come condivisione. “Bisogna scegliere la possibilità di una relazione – ha concluso la psichiatria – per allargare il solco della normalità consapevoli che, come nel caso del rapporto con gli stranieri, questo percorso non si potrà mai tradurre nell’omologazione, ma nell’accettazione delle differenze”.