Dicembre 2017
La conquista della libertà del malato deve coincidere con la conquista della libertà dell’intera comunità.
Franco Basaglia
Come la vita è lenta
E come la speranza è violenta
Guillaume Apollinaire
Novembre 2017
La pazzia mi visita almeno due volte al giorno.
Alda Merini
L’individuo equilibrato è un pazzo.
Charles Bukowski, 1971
Ottobre 2017
E costa cara la fragilità,
per chi un posto nel mondo non ha
Sabbia, Ultimo, 2017
Voce confusa con la miseria, l’indigenza e la delinquenza, parola resa muta dal linguaggio razionale della malattia, messaggio stroncato dall’internamento e reso indecifrabile dalla definizione di pericolosità e dalla necessità sociale dell’invalidazione, la follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o che vorrebbe dire. La psichiatria non è stata che il segno del sovrapporsi della razionalità dominante su questa parola che le sfuggiva e la conferma – necessaria a questa razionalità – di una comunicazione impossibile. Dal razionalismo illuminista al positivismo si tratta sempre di una razionalità che definisce, suddivide e controlla ciò che non comprende e non può comprendere, perché lo ha oggettivato nel linguaggio della malattia, che è il linguaggio di una razionalità che “constata”.
Franco Basaglia, da Follia/Delirio in Scritti, 1982
S’inaugura un capitolo che porta ad una visione estremamente dialettica tra il dentro ed il fuori, dove il dentro non è riferito al dentro di un’istituzione chiusa, ma al dentro di noi; e il fuori al fuori di noi.
Franco Basaglia, da Introduzione generale ed esposizione riassuntiva dei vari gruppi di lavori, corso di aggiornamento per operatori psichiatrici, Trieste 1974
Giugno 2017
Non è vero che lo psichiatra abbia due possibilità, una come cittadino e l’altra come psichiatra.
Ne ha una sola: come uomo. E come uomo, io voglio cambiare la mia vita.
Voglio cambiare l’organizzazione sociale; e non con la rivoluzione, ma semplicemente esercitando la mia professione di psichiatra…
Se tutti i tecnici esercitassero la loro professione, questa sì che sarebbe una vera rivoluzione.
Quando trasformo il campo istituzionale in cui lavoro, io cambio la società…
Franco Basaglia
Maggio 2017
Questo giovane è malato,
so io come va curato!
Ha già troppo contagiato,
deve essere isolato.
Edoardo Bennato, Dotti, medici e sapienti, 1977
“io sono borderline, e tu?”
“schizoaffettiva.”
“sei mai stata in spdc?”
“sì.”
“e ti hanno legata?”
“no.”
“a me sì…”
esiste una retorica della malattia mentale.
e i primi a cascarci sono i pazienti psichiatrici stessi […]
Alberto Fragomeni, Dettagli Inutili
L’applicazione di questa normativa sarà tanto più possibile quanto più si aggregherà dal basso, nella amministrazioni locali, nelle singole istituzioni, nelle aggregazioni periferiche di tecnici e di utenti, nei movimenti politici e sindacali, la volontà di superare sia carenze e arretratezze, che la storica assenza o distanza della popolazione dalla gestione delle istituzioni (…) da quanto più si aggregherà dal basso una volontà di superare carenze e arretratezza (assenza di servizi, privatizzazione dell’assistenza sanitaria, rigidità della classe medica, inerzia dei politici) e, dal versante della popolazione, la storica assenza o distanza dalla gestione delle istituzioni, Una normativa può consentire questo, ma non potrà mai garantirlo.
Franco Basaglia, a proposito della legge 180 approvata il 13 Maggio 1978
Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione.
Franco Basaglia, Intervista a Maurizio Costanzo
Aprile 2017
La buona pratica non parte da un gesto generoso del medico verso la persona sofferente, gesto che può essere tradito mille volte al giorno da un dolore più o meno nascosto, da un’aggressività con o senza giustificazione, da una violenza che ferisce. La buona pratica è il risultato di una volontà collettiva di partire comunque dal rispetto e dalla libertà della persona che certamente proviene da una storia in cui questo rispetto e libertà sono venuti meno o non sono mai esistiti. La buona pratica cresce e si sviluppa attorno a questo nucleo centrale, da cui si dipana ogni altro inter vento.
Franca Ongaro Basaglia
Marzo 2017
Uno schizofrenico abbiente, ricoverato in una casa di cura privata, avrà una prognosi diversa da quella dello schizofrenico povero, ricoverato con l’ordinanza in ospedale psichiatrico. Ciò che caratterizzerà il ricovero del primo, non sarà soltanto il fatto di non venire automaticamente etichettato come un malato mentale “pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo”, ma il tipo di ricovero di cui gode lo tutelerà dal venire destorificato, separato dalla propria realtà.
Franco Basaglia, L’istituzione negata, 1968
Visite, parenti,
un’elemosina di carità,
«facce sorridenti
vedrai tra poco, vieni via di qua»
Chiedi a quel ragazzo
perché sua madre non ci viene mai
dice: «La nascondo,
su nell’armadio tra i vestiti miei»
E i pazzi sono fuori
non cercateli qui
il mondo dietro i muri
è più disperato di qui.
Roberto Vecchioni, I pazzi sono fuori, 1972
Febbraio 2017
All your two-bit psychiatrists
are giving you electroshock
They said, they’d let you live at home with mom and dad
instead of mental hospitals
But every time you tried to read a book
You couldn’t get to page 17
‘Cause you forgot where you were
so you couldn’t even read
Lou Reed, Kill your Sons, 1974
Ero matta in mezzo ai matti.
I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti.
Sono nate lì le mie più belle amicizie.
I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo.
I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita”.
Alda Merini
Due mezze suole incollate sotto i piedi
E una bandierina di taxi con su scritto “Libero!” in ciascuna mano
Ah Ah Ah
Tu ridi, eh?, ridi perché solo tu riesci a vedermi
Tu, e i manichini che mi fanno l’occhietto dalle vetrine
E mentre tutti i semafori segnano tre luci azzurre per lasciarmi passare
Un po’ ballando e un po’ volando io mi avvicino a te
Mi levo il melone dalla testa per salutarti
Ti regalo una bandierina e ti dico
Lo so che sono un matto.
Domenico Modugno, Ballata per un matto, 1982
Gennaio 2017
Non so che cosa sia la follia.
Può essere tutto o niente.
È una condizione umana.
Franco Basaglia
Nel nostro mestiere la finalità è quella di affrontare, – trovare la maniera di affrontare la contraddizione che noi siamo: oppressori ed oppressi, e che dinanzi a noi abbiamo una persona che si vorrebbe opprimere. Bisogna fare in modo che questo non avvenga. L’uomo ha sempre questo impulso, di dominare l’altro; è naturale che sia così. È innaturale quando si istituzionalizza questo fenomeno oppressivo. Quando c’è un’organizzazione che, approfittando dei problemi contraddittori, crea un circuito di controllo per distruggere la contraddizione, assolutizzando i due poli della contraddizione ora in un modo ora nell’altro. Noi rifiutiamo questo discorso. Noi diciamo di affrontare la vita, perché la vita contiene salute e malattia, e affrontando la vita noi pensiamo di fare la prevenzione. Pensiamo di fare il nostro mestiere: di infermieri, di sanitari, di medici.
Franco Basaglia, Lezione/conversazione con gli infermieri nel congedo da Trieste, 1979
Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale (risultato della malattia che Burton chiama “institutional neurosis” e che chiamerei semplicemente istituzionalizzazione); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell’internamento. L’assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l’essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l’aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell’asilo.
Franco Basaglia, La distruzione dell’ospedale psichiatrico, 1964
Day after day
They send my friends away
To mansions cold and grey
To the far side of town
Where the thin men stalk the streets
While the sane stay underground
David Bowie, All The Madman, 1970
Dicembre 2016
87, non mi ricordo bene com’è stato
sto molto male, sono fatto, frastornato
non mi ricordo bene com’è stato
che mi ritrovo qua nudo e legato troppo stretto a questo letto maledetto
99 Posse, 87 ore
Novembre 2016
Eccomi fratelli sono matto anch’io
finalmente diventato uno uguale
e ora addio rugiada e vento e prato e sole
gli altri hanno il camice bianco e la mente normale.
In cinque m’han legato le mani
e sapevano di me così poco
un urlo e da allora non ho
capito più.
Franco Giorgetti Talamo, In cinque m’han legato le mani, 1972
Ottobre 2016
Oggi i manicomi (non si sa fino a quando) sono stati chiusi, e i folli, sottratti al trattamento manicomiale, sono stati affidati al trattamento biochimico.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009
La buona pratica non parte da un gesto generoso del medico verso la persona sofferente, gesto che può essere tradito mille volte al giorno da un dolore più o meno nascosto, da un’aggressività con o senza giustificazione, da una violenza che ferisce. La buona pratica è il risultato di una volontà collettiva di partire comunque dal rispetto e dalla libertà della persona che certamente proviene da una storia in cui questo rispetto e libertà sono venuti meno o non sono mai esistiti. La buona pratica cresce e si sviluppa attorno a questo nucleo centrale, da cui si dipana ogni altro inter vento.
Franca Ongaro Basaglia
In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta. Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po’ le teste. Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa
Dario Fo, Il mondo secondo Fo, 2007
Settembre 2016
Ne certamente parleranno di sindrome depressiva
o più semplicemente diranno che è morto un altro matto.
Ma io avrò cercato solamente altrove quel contatto
che qui non trovo, che qui non ho…
Macchina del tempo tu perdi i pezzi e non lo sai.
I pazzi sono i saggi e viceversa ormai.
Lucio Battisti, Macchina del Tempo, 1974
Ho visto un uomo matto
è impressionante come possa fare effetto
un uomo solo, dimenticato, abbandonato
dietro le sbarre sempre chiuse di un cancello.
Noi fuori dal cancello
noi che siamo normali, noi possiamo far tutto
noi che abbiamo la fortuna di esser sani
noi ragioniamo senza perdere la calma
col controllo di noi stessi, senza orribili visioni.
Giorgio Gaber, Dall’altra parte del cancello (GOAL !) , 1973
Non voglio con questo dire che la malattia non esiste, ma che noi produciamo una sintomatologia – il modo di esprimersi della malattia – a seconda del modo col quale pensiamo di gestirla, perché la malattia si costruisce e si esprime sempre a immagine delle misure che si adottano per affrontarla. Il medico diventa gestore dei sintomi e crea un’ideologia su cui poi il manicomio si edifica e si sostiene. Solo così egli può dominare e reprimere le contraddizioni che la malattia esprime.
Franco Basaglia, Ideologia e pratica in tema di salute mentale, 1982
Agosto 2016
Il dottore agguerrito della notte
viene con passi felpati alla tua sorte
e sogghignando guarda i volti tristi
degli ammalati, quando ti ammannisce
una pesante dose sedativa
per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
attacca una flebo che sommuova
il tuo sangue irruente di poeta.
Poi se ne va sicuro, devastato
dalla sua incredibile follia
Il dottore di guardia, e tu le sbarre
guardi nel sonno come allucinato
e ti canti le nenie del martirio
Alda Merini
Luglio 2016
Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([… ]); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell’internamento. L’assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l’essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l’aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell’asilo.
Franco Basaglia, La distruzione dell’ospedale psichiatrico come luogo di istituzionalizzazione, 1964
Giugno 2016
I matti sono punti di domanda senza frase
migliaia di astronavi che non tornano alla base
sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
i matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Simone Cristicchi, Ti regalerò una rosa, 2007
Ho chiesto vergognandomi, ad un mio collega inglese: – Cosa vuol dire istituzione?- Lui non sapeva darmi una risposta, si meravigliava molto della mia scarsa eleganza concettuale, in quanto gli inglesi pensano che gli occidentali siano molto più concettuali, molto più precisi nelle definizioni, mentre loro sono molto pragmatici, e guardandomi mi rispose in maniera pragmatica: “L’istituzione è …- guardandosi intorno – … Questa” indicandomi con le mani. Eravamo in una stanza di un manicomio. E così ho avuto l’illuminazione per cui ho capito che l’istituzione in quel momento eravamo noi due, là, in quel posto che era il manicomio, e quindi ho cominciato a capire che tutti quei discorsi che noi facevamo in quel momento erano discorsi che aprivano o chiudevano quest’istituzione, che eravamo noi due. Se noi facevamo dei discorsi di apertura, l’istituzione era una situazione aperta; se noi facevamo dei discorsi di chiusura l’istituzione era un’istituzione chiusa. Questo era il parlare, ma poi c’era anche il fare; cioè se il personale dell’istituzione la gestisce in maniera chiusa, mentalmente e praticamente, questa è un’istituzione chiusa; se fa il contrario è un’istituzione aperta.
Franco Basaglia, Introduzione generale ed esposizione riassuntiva dei vari gruppi di lavori, corso di aggiornamento per operatori psichiatrici, Trieste 1974
Non è una novità individuare e rifiutare la sopraffazione dell’uomo sull’uomo; non è una novità cercarne le cause, rifiutando di coprirle sotto il pregiudizio. Ma finché la sopraffazione e la violenza sono ancora il leitmotiv della nostra realtà, forse non si può che usare parole ovvie, per non mascherare sotto la costruzione di teorie apparentemente nuove il desiderio ultimo di lasciare le cose come stanno”
Franco Basaglia, Asylums, 1968
Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…
A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.
Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…
Pier Paolo Pasolini, Roma, 1966
Maggio 2016
Il 13 maggio non si è stabilito per legge che il disagio psichico non esiste più in Italia, ma si è stabilito che in Italia non si dovrà rispondere mai più al disagio psichico con l’internamento e con la segregazione. Il che non significa che basterà rispedire a casa le persone con la loro angoscia e la loro sofferenza.
Franca Ongaro Basaglia
Nel nostro mestiere la finalità è quella di affrontare, – trovare la maniera di affrontare la contraddizione che noi siamo: oppressori ed oppressi, e che dinanzi a noi abbiamo una persona che si vorrebbe opprimere. Bisogna fare in modo che questo non avvenga. L’uomo ha sempre questo impulso, di dominare l’altro; è naturale che sia così. È innaturale quando si istituzionalizza questo fenomeno oppressivo. Quando c’è un’organizzazione che, approfittando dei problemi contraddittori, crea un circuito di controllo per distruggere la contraddizione, assolutizzando i due poli della contraddizione ora in un modo ora nell’altro. Noi rifiutiamo questo discorso. Noi diciamo di affrontare la vita, perché la vita contiene salute e malattia, e affrontando la vita noi pensiamo di fare la prevenzione. Pensiamo di fare il nostro mestiere: di infermieri, di sanitari, di medici.
Franco Basaglia, Lezione/conversazione con gli infermieri nel congedo da Trieste, 1979
Aprile 2016
La libertà è terapeutica.
Ugo Guarino, Zitti e buoni: tecniche del controllo, Feltrinelli, Milano, 1979
L’ hanno preso nel mare
ma è morto in ospedale
Francesco
non aveva
niente di male
non aveva
alcun male
ma è morto lo stesso
Francesco
Ma in che paese viviamo?
dimmelo tu
in che paese viviamo?
in che paese viviamo?
ti ho visto in TV
Francesco
legato ad un letto
per ottantadue ore
Pierpaolo Capovilla, 82 ore
Marzo 2016
Voi che conoscete il mio lamento,
Voi che sovente, con collera amorevole,
Deste un nome alla mia colpa,
Sperando con pazienza,
La vostra pena è finita, miei cari!
E vuoto è il letto di spine,
Né più rivedrete il mesto
Infermo sempre in lacrime.
Friedrich Hölderlin, Diotima, 1799
Sopra un lettino cigolante,
in questo posto allucinante
io cerco spesso di volare nel cielo
Non so che male posso fare,
se cerco solo di volare
io non capisco i miei guardiani,
perché mi legano le mani
E a tutti i costi voglion che
Indossi un camice per me
Le braccia indietro forte spingo
E a questo punto sempre piango
Don Backy, Sognando, 1978
Febbraio 2016
Il primo contatto con la realtà manicomiale ha subito evidenziato le forze in gioco: l’internato anziché apparire come un malato, risulta l’oggetto di una violenza istituzionale che agisce a tutti i livelli, perché ogni azione contestante è stata definita entro i limiti della malattia. Il livello di degradazione, oggettivazione, annientamento totale in cui si presenta, non è l’espressione pura di uno stato morboso, quanto piuttosto il prodotto dell’azione distruttiva di un istituto, la cui finalità era la tutela dei sani nei confronti della follia.»
Franco Basaglia, L’istituzione negata, 1968
Quando entrai per la prima volta in una prigione, ero studente in medicina. Lottavo contro il fascismo e fui incarcerato. Mi ricordo della situazione allucinante che mi trovai a vivere. Era l’ora in cui venivano portati fuori i buglioli dalle varie celle. Vi era un odore terribile, un odore di morte. Mi ricordo di aver avuto la sensazione di essere in una sala di anatomia dove si dissezionano i cadaveri. Quattro o cinque anni dopo la laurea, divenni direttore di un manicomio e, quando entrai là per la prima volta, sentii quella medesima sensazione. Non vi era l’odore di merda, ma vi era un odore simbolico di merda. Mi trovai in una situazione analoga, una intenzione ferma di distruggere quella istituzione. Non era un problema personale, era la certezza che l’istituzione era completamente assurda, che serviva solamente allo psichiatra che lì lavorava per percepire lo stipendio alla fine del mese.
Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, 1979
Gennaio 2016
Nel nostro mestiere la finalità è quella di affrontare, – trovare la maniera di affrontare la contraddizione che noi siamo: oppressori ed oppressi, e che dinanzi a noi abbiamo una persona che si vorrebbe opprimere. Bisogna fare in modo che questo non avvenga. L’uomo ha sempre questo impulso, di dominare l’altro; è naturale che sia così. E’ innaturale quando si istituzionalizza questo fenomeno oppressivo. Quando c’è un’organizzazione che, approfittando dei problemi contraddittori, crea un circuito di controllo per distruggere la contraddizione, assolutizzando i due poli della contraddizione ora in un modo ora nell’altro. Noi rifiutiamo questo discorso. Noi diciamo di affrontare la vita, perchè la vita contiene salute e malattia, e affrontando la vita noi pensiamo di fare prevenzione. Pensiamo di fare il nostro mestiere di infermieri, di sanitari, di medici.
Franco Basaglia, Lezione/conversazione con gli infermieri nel congedo da Trieste, 1979
Dicembre 2015
. natale in opg (e simili)
nudo come cappone la testa ha china
e il sangue ancora caldo, che fa figura,
gli occhi socchiusi qual chi altri sogna
legato al suo posto, per ché folle e reo
questo diverso, promesso! tale e quale
pioppo severo il magistrato non molla,
‘n pesce piccolo, si sa, non fa carriera
notte santa, se puoi, dammi una mano
spalanca ogni cella e alla misericordia
porta qui i pellegrini il corpo allo stato
a spezzare il pane sì, da uomo a uomo
Rita Filomeni
inedito, 24 dicembre 2015
Ci sono sempre falsi profeti. Ma nel caso della psichiatria è la profezia stessa ad essere falsa, nel suo impedire, con lo schema delle definizioni e classificazioni dei comportamenti e con la violenza con cui li reprime, la comprensione della sofferenza, delle sue origini, del suo rapporto con la realtà della vita e con la possibilità di espressione che l’uomo in essa trova o non trova.
Franco Basaglia, Follia/Delirio in Scritti, 1982
Novembre 2015
Per poter veramente affrontare la “malattia”, dovremmo poterla incontrare fuori dalle istituzioni, intendendo con ciò non soltanto fuori dall’istituzione psichiatrica, ma fuori da ogni altra istituzione la cui funzione è quella di etichettare, codificare e fissare in ruoli congelati coloro che vi appartengono. Ma esiste veramente un fuori sul quale e dal quale si possa agire prima che le istituzioni ci distruggano?»
Franco Basaglia, Il problema della gestione, 1968
Ottobre 2015
I matti vanno contenti,
sull’orlo della normalità,
come stelle cadenti,
nel mare della tranquillità.
Francesco De Gregori, I Matti
Follia, mia grande giovane nemica,
un tempo ti portavo come un velo
sopra i miei occhi e mi scoprivo appena.
Mi vide in lontananza il tuo bersaglio
e hai pensato che fossi la tua musa;
quando mi venne quel calar di denti
che ancora mi addolora tra le spoglie,
comprasti quella mela del futuro
per darmi il frutto della tua fragranza.
Alda Merini, Ballate non pagate, 1955
Marzo 2015
…l’istituzione manicomiale ha in sé, nel suo carattere violento coercitivo discriminante, una più nascosta funzione sociale e politica: il malato mentale, ricoverato e distrutto nei nostri manicomi, non si rivela soltanto l’oggetto della violenza di un’istituzione deputata a difendere i sani dalla follia; né soltanto l’oggetto della violenza di una società che rifiuta la malattia mentale; ma è insieme, il povero, il diseredato che, proprio in quanto privo di forza contrattuale da opporre a queste violenze, cade definitivamente in balia dell’istituto deputato a controllarlo. Di fronte a questa presa di coscienza, ogni discorso puramente tecnico si ferma. Che significato può avere costruire una nuova ideologia scientifica in campo psichiatrico se, esaminando la malattia, si continua a cozzare contro il carattere classista della scienza che dovrebbe studiarla e guarirla? L’irrecuperabilità del malato è spesso implicita nella natura del luogo che lo ospita. Ma questa natura non dipende direttamente dalla malattia: la recuperabilità ha un prezzo, spesso molto alto, ed è quindi un fatto economico- sociale più che tecnico-scientifico.
Franco Basaglia, Morire di classe, 1969
Febbraio 2015
Dr. John Spivey – Lei pensa che la sua mente abbia qualcosa che non va?
Randle Patrick McMurphy – No signore, è una meravigliosa stupenda macchina della scienza.
Qualcuno volò sul nido del cuculo, 1975
“Per poter veramente affrontare la “malattia”, dovremmo poterla incontrare fuori dalle istituzioni, intendendo con ciò non soltanto fuori dall’istituzione psichiatrica, ma fuori da ogni altra istituzione la cui funzione è quella di etichettare, codificare e fissare in ruoli congelati coloro che vi appartengono. Ma esiste veramente un fuori sul quale e dal quale si possa agire prima che le istituzioni ci distruggano?”
Franco Basaglia, Il problema della gestione, 1968